La crisi impone di spostare in avanti la marca, posizionarla per individuare target di mercato ben definiti, affidabili, solidi e con un'alta profittabilità, marginale oppure incrementale.
Una comunicazione efficace è utile per entrare in empatia col consumatore attraverso elementi appartenenti alla sua cultura, alle sue esperienze e valori in modo da bypassare gli ostacoli che separano i prodotti o i servizi (sarebbe meglio dire genericamente le marche) dai loro potenziali pubblici.
Le cause del disaffezionamento sono ormai note ai markettari; in primis l'emancipazione del consumatore che lo rende sempre più algido di fronte a stimoli cognitivi ed emotivi messi in gioco dalla pubblicità per conquistare un posto nel suo cuore di acquirente. Da bersaglio della comunicazione, evolvendosi in parallelo con lo sviluppo del mercato, a giudice monocratico delle proprie scelte di consumo.
In tempo di crisi, la fidelizzazione è quindi la risposta. Un obbligo per non venir digeriti dalla concorrenza dei low cost.
Un'identità forte ed in sintonia con i valori condivisi dei gruppi di riferimento è la risposta alla domanda più difficile ed emergente: come sopravvivere? L'identità della marca permette di glissare sulle battaglie promozionali sempre più disastrose per i margini di profitto. Essere amati, o anche semplicemente apprezzati, è possibile grazie ad una buona comunicazione ma non è sufficiente, è necessario invece un buon prodotto; un buon prodotto può avere una cattiva comunicazione e fallire, un buon prodotto ed una buona comunicazione possono invece sopravvivere, ed in certi casi anche vivere molto agiatamente.
Il processo creativo deve essere supportato da una buona dose di informazioni: uno scenario ben definito è d'uopo per poter mettere a frutto il pensiero laterale. Non lasciare niente d'intentato perché ogni centimetro quadrato di spazio che separa il consumatore dal prodotto può essere il canale da usare per iniziare un dialogo costruttivo. Il consumatore non è infatti solo un consumatore, decide, elabora, modella la marca a suo piacimento come il bricouler di Levi-Strauss, non si limita ad usare le informazioni ricevute dalla marca; che siano snack, divani, auto o consulenze. Produce nuove informazioni sulla marca create dalla sua esperienze d'uso o dalla connessione con altre opinioni di utilizzatori o meno. Le informazioni prodotte sono quindi ridistribuite con un passaparola che non ha più i confini del passaparola appunto, ha invece potenti mezzi di amplificazione che possono produrre un tale baccano o una tale melodia a seconda del punto di vista da fare invidia a pubblicitari e strateghi di media.
La genuinità delle opinioni dei consumatori, quando è reale, è la più potente delle armi di comunicazione di massa: l'aurea mista di innocenza e credibilità che emana un post su twitter, un video su youtube, una risposta di un passante ad un servizio televisivo, o una diceria che si autoalimenta, eventi mediatici capaci di inserirsi nell'agenda setting e focalizzare l'attenzione dell'opinione pubblica in modo inatteso.
Lo stile bohémien inafferabilmente attraente di un clochard, l'amichevole interfaccia di un gadget elettronico, la riscoperta di sapori ancestrali quanto dimenticati, un utilizzo sconosciuto ai suoi stessi produttori, la carica simbolica e la diffusione pandemica di un oggetto banalissimo, ecc.
La lista è lunga come i probabili futuri protagonisti di un mercato fatto di creatori e non più di compratori.